Francesco Rosi e la moglie Giancarla Mandelli |
LA
VERITÀ ATTRAVERSO IL CINEMA: UN INCONTRO FINITO A FISCHI
di Achille della
Ragione
Francesco
Rosi è uno dei più grandi registi italiani di tutti i tempi. Nato
a Napoli il 15 novembre 1922, durante la guerra abbandona l’Università, facoltà
di Giurisprudenza, ed inizia a lavorare come illustratore di libri per
l’infanzia. Collaborando a “Radio
Napoli” ha modo di conoscere Giuseppe Patroni Griffi, Raffaele La Capria ed
Aldo Giuffrè con i quali stringeun bellissimo rapporto lavorativo e di
amicizia. Nel 1946 il regista Ettore Giannini gli dà modo di entrare nel mondo
dello spettacolo scegliendolo come assistente per la messa in scena de “Il voto”
di Salvatore Di Giacomo mentre nel 1948 è Luchino Visconti a volerlo come aiuto
regista per “La terra trema”, di cui cura anche il doppiaggio in lingua
italiana.Nel
1952 Goffredo Alessandrini, con “Camicie rosse”, gli offre la possibilità di
dirigere alcune sequenze del film ma è il 1958 a segnare il vero e proprio
debutto di Francesco Rosi nella regia
cinematografica con un film, “La sfida”, che, presentato alla Mostra del Cinema
di Venezia, ottiene il “Premio speciale della Giuria” ed un grandissimo successo
di pubblico e critica. I temi sociali, già affrontati nel film d’esordio,
continuano con “I Magliari” del 1959 mentre nel 1961, con “Salvatore Giuliano”,
inventa un nuovo genere: il film-inchiesta. Il gradimento del pubblico,
nonostante l’argomento “tosto”, trattandosi di un vero fatto di cronaca dai
risvolti politiciaccaduto non molti anni addietro, gli permette di attestarsi
al 10° posto nella graduatoria dei film di maggiore incasso dell’anno di
riferimento. L’impegno civile continua con “Le mani sulla città” del 1963,
“Leone d’oro” alla Mostra del Cinema di Venezia, che racconta il sacco edilizio
di Napoli in base ad accordi, più o meno palesi, tra i poteriforti degli anni
’50.Nel
1967, nella Certosa di Padula, ambienta alcune scene di “C’era una volta…” con
Omar Sharif e Sophia Loren, un intermezzo favolistico che lo allontana per un
poco dai temi sociali e politici cui ritorna nel 1972 con “Il caso Mattei”,
interpretato da Gian Maria Volontè, e “Lucky Luciano” nel 1973. Nel
1978 dirige la versione cinematografica del bellissimo romanzo di Carlo Levi
“Cristo si è fermato ad Eboli”.Un
esame particolareggiato meritano la sua produzione ed i riconoscimenti che ne
sono scaturiti dal 1980 ad oggi quando, a 90 anni compiuti, vorrà concedersi, ma
non ne siamo certi, un meritato riposo. Nel
1981 dirige “Tre fratelli”, nel 1984 un adattamento della “Carmen” con Placido
Domingo,nel 1987 ancora un romanzo, “Cronaca di una morte annunciata”, di
Gabriel Garcia Marquez, nel 1990 “Dimenticare Palermo” e, finalmente, nel 1997
“La tregua”, tratto da un romanzo di Primo Levi, che racconta il ritorno a
Torino dello scrittore e di altri ex deportati, liberati dal lager di
Auschwitz. La trasposizione cinematografica di questo romanzo, vero e proprio sogno nel cassetto al quale Rosi aveva dovuto
rinunciare per il tragico suicidio di Levi nel momento in cui, 1987, si sentiva
pronto ad affrontare il tragico argomento, è realizzata grazie all’aiuto di
Martin Scorsese, che collabora con il
collega italianonella ricerca dei finanziamenti necessari.
Il
film, però, nonostante gli alti costi di produzione, non ottiene il successo speratodi critica e pubblico. Nel
2003 è ancora la volta di Francesco Rosi regista teatrale con “Napoli
milionaria” cui segue, nel 2007, ad 85 anni, l’annuncio dell’addio al cinema e
la sua completa dedizione alla regia teatrale. Tra il 2005 ed il 2012 gli sono
stati tributati tanti riconoscimenti ed i suoi film sono stati oggetto di molte
retrospettive in Italia ed all’estero. Dopo la laurea ad honorem in
“Pianificazione territoriale urbanistica ed ambientale”, conferitagli
dall’Università Mediterranea di Reggio Calabria per il film “Le mani sulla
città”, riceve l’”Orso d’oro” alla
carriera al Festival di Berlino del 2008,
la “Legion d’onore” a Parigi nel 2009 ed il “Leone alla carriera” alla
Mostra del Cinema di Veneziadel 2012. Accanto
alle gioie ed alle soddisfazioni per la lunga carriera di regista
cinematografico e teatrale, Francesco Rosi ha dovuto, però, anche subireil
grandissimo dolore per la tragica morte della moglie, Giancarla Mandelli,
sorella della stilista Krizia, deceduta l’8 aprile 2010 per le gravi ustioni
riportate in seguito ad un incendio
divampato nell’abitazione di Roma per una sigaretta che ne ha bruciato il vestito.Prima
di concludere, come per tanti altri personaggi celebri, racconterò brevemente
l’incontro, ma sarebbe più preciso parlare di scontro, con l’interessato. La
conoscenza diretta con il fratello, autorevole storico e napoletanista,
relatore e frequentatore del salotto letterario di mia moglie che, per 10 anni,
si riuniva ogni mercoledì nella nostra villa posillipina, non fu sufficiente ad
organizzare un dibattito su un tema che mi stava particolarmente a cuore: il
film “Le mani sulla città”, per molti un capolavoro, per
me un clamoroso falso storico. Dovetti
approfittare di un incontro pubblico al cinema Modernissimo, in occasione di
una riproposta del film, presente il regista.Alla
fine della proiezione si accese la discussione tra lodi sperticate ed io fui
l’unica voce fuori dal coro. Il
protagonista, un superbo RodSteiger, per molti raffigura Achille Lauro:
viceversa, si tratta di Ottieri, uno spericolato palazzinaro autore di numerosi
scempi edilizi tra i quali l’orrendo palazzone in piazza Mercato che ha
deturpato per sempre uno dei luogo simbolo della città.Ma
il falso più smaccato è costituito dall’inizio del film mentre scorrono i
titoli di testa e la telecamera indugia sulle mostruose palafitte che da
Fuorigrotta costituiscono l’accesso alla Tangenziale del Vomero, costruite
molto tempo dopo l’ambientazione del film. Alle
mie perentorie contestazioni il regista non seppe replicare ma il pubblico era
tutto dalla sua parte e venni travolto da una salva di fischi.
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