VISTI DA VICINO



Gino Aprile & Vittoria Rocco,
un inedito duo di conduttori
che da anni non si vedeva sulle scene
Ben assortito, plasmato insieme da un grande talento, da parte di entrambi i due si completano a vicenda.


GINO, gia' noto al grande pubblico per i suoi trascorsi MEDIASET, RAI, ultimamente molto presente sulla piattaforma SKY, e' un performer di quelli a 360 gradi. Con Vittoria, conduce, canta, su basi, con orchestra, o accompagnato da un pianista, spaziando dal repertorio italiano, a quello internazionale. Improvvisano, coinvolgono... padroni assoluti della scena, riescono ad inventare uno show dal nulla, coinvolgendo chiunque gli capiti a tiro, mai urtando, pero', la suscettibilita' del pubblico.

VITTORIA, in quanto ad estro, non e' da meno. Battuta facile, pronta, reattiva, ora fa da spalla a Gino, ora viceversa. Ironicamente pungente, intelligente, Vittoria viene dalla danza, alla quale ha dedicato gran parte della sua vita, diplomandosi in classico e contemporaneo, con eccellenti risultati. Aveva, difatti, appena 4 anni quando gia muoveva i suoi primi passi di danza. Vittoria, laureata tra l'altro in FARMACIA, e' dotata di una splendida voce, calda, mediterranea, e oltre a concedersi sulla scena dei brani da solista, duetta con Gino, dando vita a intensi momenti di pura arte e passione. Ella inoltre, e' coreografa e danzatrice in alcuni cavalli di battaglia di Gino, come MY WAY, FEEL, e tanto altro.

Una coppia, quindi, affiatatissima, fino a meritarsi dalla critica il titolo di EREDI NATURALI di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, per il loro modo ironico ed autoironico di porsi al pubblico, per il loro modo di condurre, che ricorda moltissimo i due grandi dello show italiano.

Riceveranno, a dicembre, il premio alla popolarità PREMIO CITTA' DI SARNO, orgnizzato da Alfonso Celentano.


IL MONDO DI ROBERTA ROTONDI

balletto Peter Pan
Michel Jackson
Roberta Rotondi è una giovane autrice di romanzi con la passione della danza che cattura il lettore fra le pagine dei suoi bellissimi libri. L’ho incontrata per conoscere più da vicino il suo mondo ed i suoi interessi.

- Chi è Roberta Rotondi e come nasce la tua passione per la scrittura?

Mi piace definirmi una ballerina. Ho sempre vissuto per la danza e quando qualcuno che non mi conosce mi domanda che lavoro faccio, rispondo sempre: la ballerina. Anche se sono una semplice insegnante di danza. Ho inseguito questo sogno fin da bambina, l’ho coltivato e conservato, senza mai abbandonarlo. E oggi sono felice di poter dire di averlo realizzato quasi completamente. Ma la passione per la danza è arrivata col tempo e con la dedizione. La passione per la scrittura, invece, è innata. Non so spiegarmi da cosa abbia origine, l’ho sempre avuta dentro di me. La mia maestra delle elementari mi prendeva spesso d’esempio di fronte alla classe per come sviluppavo i temi. Scrivo da sempre, da quando ho ricordi e sono tutti piacevoli. Tenevo un diario dove quasi ogni giorno scrivevo un tema dedicato a qualcosa in particolare che mi accadeva. È un’abitudine che ho conservato in età adulta, anche se con meno regolarità. Ed è stato proprio uno dei miei diari il punto di partenza.

- Di che cosa parlano i tuoi romanzi? Sono racconti autobiografici o ispirati a fatti realmente accaduti ad altre persone?

Scrivo per raccontare intensi scorci di vita vissuta. Storie a sfondo romantico ma mai banali, cariche di sentimenti ed emozioni. Attorno ai miei personaggi ruotano situazioni drammatiche, forti, dolorose, ma solo per portare insegnamenti importanti. In ogni mio libro ho ricercato una trama da comprendere e un finale che lasciasse riflettere il lettore. L’ispirazione che mi spinge ad iniziare a scrivere arriva quasi sempre da uno stralcio autobiografico. Un fatto che in un modo o nell’altro ha attraversato la mia vita, magari anche solo sfiorandola, lasciando qualcosa di particolarmente di cui parlare. Ma è solo la rampa di lancio sulla quale si costruisce poi tutto il resto dell’opera.Non posso definirli autobiografici, perché non contengono nulla della mia vita reale. Ma in essi descrivo ambientazioni a me conosciute e familiari. Luoghi in cui sono stata fisicamente e nei quali ho vissuto. Anche i personaggi svolgono mansioni a me congeniali e che io stessa ho praticato. Nulla, infatti, che non sia stato realmente vissuto da un autore, difficilmente sarà credibile e realistico per chi leggerà. Non a caso, due dei miei libri, descrivono il mondo dello spettacolo visto sotto diversi aspetti e punti di vista, perché è l’ambiente che frequento da quando ero ragazzina e di fatto, quello che conosco meglio in assoluto, nel bene e nel male.

- Oltre alla scrittura ti occupi anche di spettacolo: ce ne puoi parlare?

Vi parlerò ancora della danza, non per essere ripetitiva ma, dopotutto, è il mio lavoro e il mio impegno più grande. Dalla base dell’insegnamento ho costruito con le mie sole forze, una scuola con allievi semi-professionisti, molti dei quali oggi svolgono a loro volta il mio stesso lavoro in maniera autonoma. Grazie a loro, i nostri musical (basati su danza, canto e recitazione) sono cresciuti con noi e negli anni siamo riusciti a presentare spettacoli che richiamassero un gran numero di spettatori. Questa posso definirla la mia soddisfazione più grande e vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutti i miei allievi, vecchi e nuovi, quelli che mi seguono da anni e quelli che hanno sempre creduto in me. A fianco di quest’esperienza ho studiato canto e recitazione, grazie ai quali sono riuscita a prendere parte a spettacoli teatrali e a girare alcuni film con produzioni indipendenti, uno dei quali con il ruolo di protagonista. Non ho mai smesso di imparare e mai mi fermerò. Ho intenzione di continuare a sviluppare le mie competenze in campo artistico per poi applicarle nella scrittura, negli show e nella formazione di nuovi ballerini.

- Cosa cerchi di comunicare con le tue opere e spettacoli e quali sono i target preferenziali del tuo pubblico?

Mi rivolgo ad un pubblico molto vasto senza escludere nessuno. Ragazzi, bambini, nonni, mamme, papà, single. Ma soprattutto mi rivolgo a chi ha una famiglia, a chi vorrebbe averne una, a coloro che l’hanno perduta. Agli amici persi e ritrovati, alle passioni vere, all’amore rappresentato in ogni sua forma. Vorrei che il lettore trovasse un po’ di se stesso in ogni mia opera, che si riconoscesse in alcune situazioni, nei gesti, nelle circostanze e nelle parole usate. La famiglia è il fulcro di ogni mia storia, la calamita che veicola tutti i personaggi portandoli in un’unica direzione, il segno concreto che vorrei fosse compreso.

- A quali grandi Maestri ti rifai?

Scrissi il mio primo vero romanzo nel 2006. Fu il film sui pirati dei Caraibi ad ispirare la mia storia. Da qui è nato: <Leggenda di un Pirata> andato poi in ristampa nel 2013. L’affascinante e misterioso mondo che suscita in me un grande interesse. Nella stesura dell’opera ho effettuato moltissime ricerche storiche (il libro è ambientato nel 1700) per renderlo il più veritiero possibile. Sono perfino stata su un veliero di quei tempi, per immedesimarmi nel tipo di vita che si svolgeva su una nave come quella. Scrivere un romanzo storico è stato molto impegnativo ma anche molto gratificante. Lascerò a voi la curiosità di scoprire la mia musa ispiratrice a cui è dedicato. Nel 2011 un sogno ha catturò la mia attenzione. La mattina seguente scrissi la traccia di quello che poi diventò <Allegra: l’amore è una cosa semplice>. Lo definisco un romanzo in musica, perché al suo interno quasi ogni capitolo è accompagnato dalla canzone di un grande artista, ne trovate circa una ventina, tutti rigorosamente italiani. Così come l’attore italiano a cui è dedicata l’opera. Ma nel 2009 è accaduto qualcosa che il mondo non ha potuto proprio ignorare. Ognuno di noi, e questo è insindacabile, è stato colpito da un’onda d’urto così forte e talmente violenta da poter affermare che la vita di molti, dopo quel giorno, non sia stata più la stessa. Sto parlando del 25 giugno, giorno in cui il mondo ha perso Michael Jackson. Ricordo ancora dove mi trovavo quando appresi la notizia: stavo spegnendo il fornello della cucina per scolare la pasta. Credo che molti di coloro che stanno leggendo ora le mie parole, possano affermare di ricordarsi quel momento. Da qui ha preso forma <STAR>. Come già accennato, ogni mio libro si rifà ad un personaggio pubblico di grande spessore al quale ho dedicato l’intero romanzo. La dedica è visibile nella prima pagina. Questo perché è proprio l’intensità del personaggio a cui faccio riferimento a dare vita alla storia che racconto ed a coinvolgermi ancor più in ciò che sto scrivendo. Per Star, il personaggio in questione è proprio lui: Michael Jackson. Ho scelto di parlare di lui, osservandolo da vicino, ricercando i suoi pensieri e stati d’animo, avvicinandomi all’uomo che realmente è stato. Ho cercato il più possibile, attraverso gli intrecci delle vicende, di trasmettere i suoi insegnamenti, le sue straordinarie doti di cantante e di ballerino, la sua profonda umanità, generosità e gentilezza che aveva verso tutti, senza riserve. Tutto questo passa attraverso gli occhi di una giovane ragazza che giunge in America per realizzare un sogno. Una ragazza che potrebbe essere ognuna di noi. Un sogno come tanti, ma che attraverso le esperienze da lei vissute, diventerà unico e assolutamente magico.

- Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sono una persona che vive il presente. Difficile per me fermarmi a riflettere sul futuro, in quanto sono aperta a nuove esperienze, non escludo mai nulla, valuto ogni possibilità e probabilità. Con questi presupposti ho imparato che nella vita tutto può accadere. Sicuramente continuerò a dedicarmi al mondo della danza e in particolare, sarò insegnante e coreografa di giovani talenti che vorranno avvicinarsi a questo mondo straordinario. Ma soprattutto desidero continuare a scrivere seriamente, pubblicando altri libri e cercando di farmi conoscere e apprezzare come scrittrice. Sto già abbozzando storie, soggetti e ambientazioni che sicuramente diventeranno nuovi libri. Inoltre collaboro con un gruppo di scrittori in progetti di scrittura creativa che mi stanno aiutando molto a crescere ed a migliorarmi. L’esperienza della scrittura collettiva è molto positiva per me ed importante. L’unica certezza che vedo nel futuro è proprio questo: scrivere. Non potrei farne a meno, così come non si potrebbe rinunciare a mangiare. So che potrà sembrare bizzarro, ma devo assecondare i personaggi che bussano alla mia porta con nuove vicende da portare alla luce. C’è una frase nella quale mi identifico molto e che vorrei condividere: <non ho la pretesa di creare o inventare nulla di nuovo. Tutto è già stato creato e inventato. Più semplicemente sono le storie che vengono da me, chiedendo di essere raccontate>.

Francesca Rossetti


Sala Lumiére gremita di spettatori 
per la giovanissima regista napoletana
Angela Bevilacqua, Speciale del Giffoni Film Festival


 "Il mio è un messaggio di vita universale"  spiega visibilmente emozionata la regista Angela Bevilacqua in Sala Lumière appena prima della proiezione fuori concorso del suo short movie “Il teatro dei Ricordi”, rivolgendosi ad una platea gremita di giovani over 18 giunti da ogni parte del mondo per presenziare come giurati alla 44° edizione del Giffoni Film Festival. << La mia opera prima, non si rivolge ad una sola fascia di età. La vita merita di essere vissuta sempre e comunque con spirito positivo, affrontando i problemi con coraggio e determinazione senza mai lasciarsi sopraffare da ansie o angosce, che spingono inconsapevolmente l’uomo a  rinunciare persino ad essa E’ ovvio che il mio personaggio sia una ragazza giovane come me perché mi è stato più congeniale raccontare le relative  problematiche>>. Applausi a scena aperta dunque hanno siglato, la proiezione de “Il teatro dei ricordi  come “Evento Speciale” del Giffoni Film Festival 2014. Un debutto di grande impatto per Angela, fin da bambina appassionata d’arte e, nella fattispecie di cinema, appena reduce dalla brillante esperienza vissuta nella scorsa edizione del Festival di Cannes,  che l’ha vista inserita con la sua opera prima nell’ambito professionale dello Short Film Corner. La giovanissima filmaker napoletana, che ha diretto “Il Teatro dei ricordi” non ancora diciottenne nello scorso inverno, ha avuto l'onore di avere come protagonisti del corto, il leggendario attore francese Jean Sorel (Bella di giorno, Vaghe stella dell'orsa) accanto all'avvenente astro nascente del cinema italiano Alessia Alciati. Nel cast figurano anche Massimo Zordan, Giulia Mombelli, Anita Pitoni e Mary Di Tommaso. “Il teatro dei ricordi” ripercorre in maniera suggestiva “i non luoghi dell’anima” e vuole essere la metafora della realtà giovanile dove il malessere della protagonista, una ragazza quasi ventenne (Alessia Alciati), la porta ad una scelta di rifiuto della vita attraverso una fuga nel sonno dell’oblio. Ma i suoi ricordi vengono custoditi da un misterioso personaggio in un luogo fuori dallo spazio e dal tempo rappresentato da un teatro nel quale ella inconsapevolmente si ritrova. Saranno proprio le parole dello strano “custode” (Jean Sorel) a risvegliare  nella protagonista la coscienza di sé, ma le sorprese non mancheranno. Le riprese si sono svolte nel suggestivo Teatro Flavio Vespasiano di Rieti e nel Bosco di S. Celso a Bracciano in provincia di Roma. Il progetto è stato realizzato anche grazie alla collaborazione di ATCL (Associazione Teatrale tra i Comuni del Lazio). Consulente artistico del progetto il critico cinematografico Marco Spagnoli. A produrre il cortometraggio la Polifemo guidata da Paolo Monaci Freguglia, realizzatrice in passato del primo cortometraggio della regista Giorgia Farina (“Alba”), dei documentari “La notte della Sindone” e “Giovanna Cau – Diversamente Giovane”, nonché  co-distributrice per l’Italia del film “Un mostro a Parigi” prodotto da Luc Besson, presentato in anteprima a Giffoni 2012.  Il Direttore della fotografia è Francesco Ciccone, mentre la scenografia è di Adriano Annino, i costumi  sono di Carlotta Polidori, il suono in presa diretta è di Federico Tummolo ed il montaggio è affidato a Paola Freddi.


    DA CANNES A COLLOQUIO CON ANGELA BEVILACQUA GIOVANE REGISTA NAPOLETANA


Con Gabriel Garko a Cannes e sopra con Asia Argento
Angela Bevilacqua e Jean Sorel

Angela Bevilacqua, la giovanissima neo regista napoletana è approdata sulla Croisette con la sua “opera prima”, lo short movie “Il teatro dei ricordi” selezionato nella sezione “Short Film Corner” della 67 Edizione del Festival di Cannes. Visibilmente emozionata e con uno sguardo quasi incredulo nel trovarsi di fronte a “mostri sacri” del Cinema Internazionale , da sempre sognati, la Bevilacqua ci parla di questa straordinaria adventure che l’ha portata a riprendere con la macchina da presa ad appena 17 anni una “leggenda” del firmamento mondiale quale, l’attore francese Jean Sorel, in veste di interprete protagonista del suo primo corto.

-Angela, la sua passione per il cinema, perdura fin dai suoi primissimi anni di vita

"Sì ho amato da sempre il cinema, visionando opere dai  generi più disparati. Tra i film di animazione ero molto attratta dall’opera del grande maestro giapponese Miyazaki ed, ispirandomi a lui, il mio primo grande sogno, è stato quello di diventare una fumettista per poter  descrivere attraverso il disegno le storie che immaginavo. Crescendo mi sono resa conto che il cinema mi offriva maggiori possibilità per poter esprimere le mie idee, i miei pensieri ed  allora ho cominciato a scrivere sceneggiature grazie alla mia naturale inclinazione artistica".

-Com’è nata l’idea di scrivere questo cortometraggio?

"Ero  al primo anno di liceo. Venendo a conoscenza di tante storie complesse dei  miei coetanei ed anche attraverso la puntuale lettura di episodi di cronaca nera sui quotidiani, ho avvertito un notevole malessere interiore dei giovani d’oggi. Da qui l’idea di voler condensare in un unico personaggio, nell’ambito di un un’unica storia tutti i disagi che avverte la gioventù odierna, a volte  priva di una giusta e concreta capacità reattiva   trascinandola in un tunnel buio, spesso tragicamente “senza ritorno”.

 -Qual è il messaggio che intende trasmettere con la sua opera?

"Ho voluto dare un monito di vita che può essere universale, non limitato ad una sola fascia di età, e cioè che la vita vale la pena di essere vissuta sempre e comunque con spirito positivo, affrontando i problemi con coraggio e determinazione senza mai lasciarsi sopraffare da ansie o angosce, che spingono inconsapevolmente l’uomo a  rinunciare persino ad essa. E’ ovvio che il mio personaggio sia una ragazza giovane come me perché mi è stato più congeniale raccontare le relative  problematiche".

 -Com’è stato lavorare con Jean Sorel?

"Ho vissuto  un’esperienza straordinaria, una grande opportunità che mi è stata offerta. Lavorare sul set, con un professionista come lui mi ha reso tutto più semplice. Con dolcezza e pazienza il maestro Sorel, facendosi dirigere da me con la macchina da presa con grande umiltà, mi ha insegnato tanto sul set, ed i suoi consigli costituiscono un bagaglio preziosissimo per proseguire il mio “viaggio” nel fantastico universo del cinema".
-Come ha potuto realizzare questo sogno?
"Un giorno sottoposi la storia ad un’amica di famiglia Maridì Sessa, giornalista di cinema. Fu lei che, dopo avere letto la sceneggiatura, rimanendone molto  colpita, attivò il progetto con la Maridì Communication Italy, indicando il film maker Marco Spagnoli, quale direttore artistico, Jean Sorel ed Alessia Alciati come attori protagonisti e la “Polifemo”, quale società di produzione"      
 -Hai dei “miti” registi che le suscitano particolare interesse?
"Tra quelli italiani non posso non citare Visconti e De Sica, mentre fra i registi stranieri, i miei idoli sono:  Terry Gilliam, Martin Scorsese e Quentin Tarantino".
 -Che progetti ha per il futuro?


"Tanti, ma so bene che questo non è un campo facile. Io continuo a mettere su carta le mie idee, le mie emozioni. Ho appena terminato di scrivere un romanzo che spero di riuscire a pubblicare presto ed ho già pronte altre due sceneggiature per un corto e per un lungometraggio. Ma intanto, naturalmente, continuerò a studiare per conseguire il diploma di scuola secondaria".                         (Maridì Communication)                                         IL MAGGIORE TRA I MINORI
di Achille della Ragione
 Il panorama di abili caratteristi in area napoletana è quanto mai vasto e tra questi Enzo Cannavale va considerato quanto meno il maggiore dei minori. Nato a Castellammare di Stabia nel 1928, è scomparso nel 2011 all’età di 82 anni. Ha esordito in teatro nel 1959 con Eduardo, che lo scoprì quando era ancora impiegato alle poste e lo volle poi al suo fianco nella serie “Peppino Girella”. In seguito, pur partecipando ad oltre 100 film, non ha mai smesso di calcare il palcoscenico, lavorando al fianco di autentici mostri sacri della tradizione partenopea, da Nino Taranto ad Aldo Giuffrè, da Luisa Conte ad Ugo D’Alessio, in molti spettacoli di successo come “Miseria e nobiltà” e “La festa di Montevergine”. Pur lavorando in secondo piano, la sua presenza si faceva sentire, attraverso la semplice faccia di uomo qualunque, dotata di una vis comica non comune. Numerosissime le sue partecipazioni a film di successo sotto la guida di registi come Dino Risi e Francesco Rosi, Corbucci e Steno fino a Luciano De Crescenzo, con cui vinse il “Nastro d’argento” come migliore attore non protagonista in “32 dicembre”, e Giuseppe Tornatore, vincitore del “Grand prix speciale della giuria” al Festival di Cannes nel 1989 e dell’”Oscar per il miglior film straniero” con il bellissimo “Nuovo Cinema Paradiso”. Negli anni settanta e ottanta ha fatto coppia più volte con Bombolo e Tomas Milian in film di cassetta, commedie scollacciate e rudi polizieschi che non ha mai rinnegato: << Mi divertivo  a farlo. Anzi, lo rifarei ancora tante volte>> Lo ricordiamo nei panni del brigadiere Caputo al fianco di Bud Spencer, nella saga inaugurata da “Piedone lo sbirro” nel 1973 e con Bombolo e Nino D’Angelo in “Un jeans e una maglietta” e “La discoteca”, entrambi del 1983. Nel 1999, a 71 anni, ha lavorato con l’attore-regista Vincenzo Salemme in “Amore a prima vista”, interpretando uno spassosissimo cannibale  che i protagonisti incontrano da uno psichiatra. Salemme, che lo ha diretto anche nel 2003 in “Ho visto le stelle!”, lo ricorda come un attore moderno e senza retorica, un vero grande dai tempi storici e drammatici straordinari, capace di calarsi in ogni ruolo. Tra i tanti film cui ha partecipato, diretto dai più famosi registi del momento, ci piace ricordare: “Leoni al sole” di Vittorio Caprioli (1961), “Le quattro giornate di Napoli” di Nanni Loy (1962), “C’era una volta” di Francesco Rosi (1967), “Cose di cosa nostra” di Steno,  “Per grazia ricevuta” di Nino Manfredi, “Il furto è l’anima del commercio” di Bruno Corbucci, “Roma bene” di Carlo Lizzani, “Trastevere” di Fausto Tozzi, tutti del 1971, ”Bianco, rosso e…” di Alberto Lattuada (1972), il bellissimo film tv “Le avventure di Pinocchio” di Luigi Comencini, “Alfredo, Alfredo” di Pietro Germi e “Camorra” di Pasquale Squitieri del 1972, il film tv ”Francesca e Nunziata” del 2001 di Lina Wertmuller oltre a vari musicarelli che, sul finire degli anni sessanta, ispirati alle canzoni più in voga del momento, erano interpretati dagli stessi cantanti che le avevano portate al successo (“Stasera mi butto”, “Chimera”, “Zum zum zum n°2”). Ho applaudito Cannavale tante volte a teatro e l’ho ammirato al cinema e in televisione, senza avere il piacere di conoscerlo personalmente: conosco, però, i suoi due figli, amici di mio figlio, titolari di un’affermata agenzia giornalistica.  

IL NOVELLO D'ANNUNZIO
Attore di teatro, cinema e televisione, Edoardo Sylos Labini , volto noto delle fiction, dalla soap Vivere, nel  ruolo del perfido Andrea Gherardi a Incantesimo, Don Matteo, Un posto al sole, Le tre rose di Eva. Sposato con Luna Berlusconi, figlia di Paolo e nipote di Silvio, ha una bellissima bambina, Luce. Tanti i progetti in cantiere, intanto ora è impegnato a teatro in uno spettacolo, originale e innovativo su Gabriele D’Annunzio
- Un evento importante del 2012?
“Il 2012 è stato l’anno in è nata mia figlia, Luce. Ecco si può dire che è l’anno in cui ho visto la luce. Quando ti nasce un figlio tutto diventa secondario. Il 2012 è stato un anno in cui ho costruito e lavorato molto dietro le quinte, infatti c’è stato davvero poco dal punto di vista televisivo. Mi sono impegnato su d’Annunzio, ma più che altro mi sono dedicato a mia figlia. Per tutto il 2013 sarò a teatro il mitico d’Annunzio. Ormai tutti mi chiamano Gabriele. Il “Vittoriale degli Italiani” mi ha ribattezzato “VATAVAR”.
- Farai parte de Le Tre Rose di Eva 2?
“Non ne farò parte. Sono morto per davvero!”
- Che stai facendo?
“A breve sarò in tv con Come un delfino-la serie, dove per l’ennesima volta farò l’antagonista, un personaggio negativo, ho lavorato con Raul Bova che è una bravissima persona. Poi il resto è tutto relativo a d’Annunzio. Infatti, la prima parte del tour si chiuderà dal 20 al 24 marzo al Teatro Manzoni di Milano, mentre la seconda parte del tour, che riprenderà ad ottobre, mi terrà impegnato per tutta la fine dell’anno”.
- Che tipo di marito e padre sei?
“Cerco di essere un padre ed un marito all'altezza di mia figlia e di  mia moglie. Questi sono compiti difficili che si imparano col tempo ed in corso d’opera”.
- Che rapporto hai con i tuoi fan?
“Ottimo e diretto. Ho una fanpage su Facebook dove racconto la mia vita. Inoltre, utilizzo molto anche twitter".
- Quali sono le critiche che ti fanno più soffrire?
“Ciò che mi fa male sono i pregiudizi. Pregiudizi che spesso vengono dal cognome di mia moglie. Questo è di certo la cosa più fastidiosa e che vivo sulla mia pelle. Spesso sono costretto a subirli a causa di una campagna mediatica che fa vedere tutto come non è, ma spesso, e fortunatamente molti Italiani l’hanno compreso, non tutto è come sembra”.
- Un pregio ed un difetto del tuo carattere?
“Un pregio, sicuramente, è la generosità. Un difetto è l’essere impaziente”.
- Hai spesso interpretato ruoli negativi e a tinte forti, ti piacerebbe un ruolo comico e leggero?
“Mi piacerebbe, eccome! Sarebbe bello poter fare un ruolo comico e sono sicuro che mi verrebbe anche bene!”
      IL BEL MOMENTO 
DI DANIELE RUSSO
Daniele Russo, attore napoletano, 31 anni, occhi e capelli castani, diplomato all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica del Teatro Bellini, figlio d’arte (il papà è Tato Russo, la mamma Dalia Frediani), simpatico e socievole, sta vivendo un bel momento professionale grazie alla sua partecipazione nella fiction campione d’ascolti in onda su Canale 5, Il Clan dei Camorristi.
- Ci parli del tuo ruolo?
“Il mio personaggio si chiama Nicola Sorrentino ed è un avvocato rampante, giovane e senza scrupoli, avido di potere e appassionato di politica. Riesce sin dalle prime battute a capire su quale cavallo scommettere ed instaura un ottimo rapporto con ‘O Malese, che perdurerà nel tempo.
- Perché questa fiction sta riscuotendo tanto successo?
“Credo che la qualità paghi sempre! Il pubblico viene troppo spesso e facilmente etichettato come passivo e distratto, ma in realtà sa riconoscere una cosa fatta bene da una fatta...e basta. Qui gli ingredienti per un buon successo c'erano tutti, a partire dalla storia fino ad arrivare all'ottimo cast, e poi c’è un buon gruppo di sceneggiatori e di registi attenti”.
- Cosa pensi della polemica che le fiction sulla malavita tendano a mitizzare i cattivi?
“Inutile fare falsi moralismi; se volessimo ragionare così dovremmo rinunciare a decine di capolavori che sono stati girati nel tempo, Il Padrino, Quei bravi ragazzi, Gli Intoccabili, Serpico, Carlito's Way. Io conosco a memoria questi film ed ho tifato sempre per i cattivi, eppure non ho mai ucciso nessuno. In ogni caso credo che ci voglia sempre un punto di vista critico quando si affrontano temi del genere in fiction o film sia da parte di chi li realizza che di chi li osserva; se poi un ragazzino appena visto un film o una puntata del Clan esce di casa e pensa di formare una sua piccola gang per emulare questi personaggi credo che sia un problema da ricercare altrove”.
- Ti ricordi qualche aneddoto?
“Una cosa molto divertente è successa un giorno alla masseria del Malese quando dovevamo girare una scena con alle spalle delle bufale che tornavano nel recinto...beh in un cast con tanti attori bravi e professionali a fare le bizze da "dive" ci hanno pensato loro, le bufale! Dopo il primo ciak hanno iniziato  a scappare per tutta la campagna e non avevano nessuna intenzione di rientrare nonostante i contadini le inseguissero dappertutto con i forconi! Inutile dire che c'era nel cast qualcuno che scappava con la paura di essere travolto...sembrava di essere a Pamplona!”
- Progetti?
“Vivo alla giornata e non faccio programmi. Al momento sono in teatro con un testo molto intenso ed emozionante che è Ricorda con Rabbia di John Osborne per la regia di Luciano Melchionna dove condivido la scena con tre straordinari attori che sono Stefania Rocca, Angela De Matteo e Marco Mario De Notaris. Qui interpreto un giovane arrabbiato, depresso e, soprattutto, velleitario che se la prende, a ragion veduta, con la società in cui viviamo le sue ingiustizie e la sua monotonia ma che non riesce a spronare per uscire da questo torpore neanche le persone a lui più vicine. Inoltre incrocio le dita per un progetto molto importante del quale non oso ancora parlare e poi sto lavorando alla versione teatrale di Arancia Meccanica, a 50 anni dall’uscita del sensazionale romanzo di Burgess che diede vita al capolavoro indimenticabile di quel genio di Kubrick”.
- Da quale regista vorresti essere diretto?
“Preferisco farti una lista di registi che amo perchè non oso immaginarmi su un set diretto da loro e la lista comunque potrebbe essere infinita….da Tarantino a Salvatores, da Burton a Sorrentino, da Scorsese a Bertolucci, passando per Moretti, Coppola, Greenaway, Lynch etc etc, oppure giovani interessanti come De Angelis, Lombardi , Costanzo”.
- Cosa fai nel tempo libero?
“Tanto sport: calcio, tennis, ping-pong, pallavolo, atletica, nuoto ed equitazione”
Renato Raimo
RENATO RAIMO STAR 
DI CENTOVETRINE
Cattivo e perfido in Tv, papà tenerone e marito perfetto in privato. Renato Raimo toscano, classe 1963, volto noto del mondo dello spettacolo, ma anche bravo e valido farmacista, esperto in piante medicinali, appassionato di fitoterapia e omeopatia, è tra i protagonisti più amati della soap Centovetrine. Amato e ammirato per la sua bravura, ma anche per il suo fisico e il suo sex appeal, Renato, dopo aver recitato in numerose fiction (Don Matteo 5, Medicina Generale, Carabinieri 6, La Squadra, Un posto al sole estate) e in alcuni spot pubblicitari, dal 2011 è approdato nella fiction di Canale 5, dove interpreta il cattivo e perfido Mauro Zanasi, cinico e raffinato uomo d’affari loschi, un uomo che ricatta, minaccia, rapisce ed è pronto a sedurre e uccidere. Il personaggio che interpreta è affascinante, affabulatore, viscido e riesce a portar fuori dalle sue vittime il loro lato oscuro. Una bella sfida professionale, accolta con entusiasmo e coraggio perché agli antipodi del suo carattere. Raimo, che è appassionato di moto ed ha un barboncino, Leo, con il quale gioca a nascondino, alterna gli impegni da attore con quelli della farmacia, un’azienda che gestisce con il fratello Giuseppe, anche lui farmacista. E’ sposato, la moglie Alessandra è anche lei farmacista, e ha due figlie, Elisabetta e Camilla, che hanno 18 e 15 anni. Renato non è impegnato solo in Centovetrine ma sta facendo anche teatro, una nuova commedia musicale al teatro Sistina di Roma, Campo de’ Fiori, scritta da Rodolfo Laganà e Gianni Quinto, per le musiche di Roberto Giglio, con Milena Miconi e cinema.
Oscar Pistorius spara e uccide la fidanzata

«Cosa avete in mente per il vostro San Valentino?». E’ uno degli ultimi tweet di Reeva Steenkamp ma qualsiasi cosa avesse pensato lei il suo San Valentino è finito malissimo. Il fidanzato Oscar Pistorius, l’uomo che ha stravolto il concetto di normalità e ha corso le Olimpiadi senza gambe, le ha sparato 4 volte e la ricostruzione dei fatti è sempre più complessa.  Ha usato una 9 millimetri di cui ha regolare porto d’armi e ha sparato più volte, un proiettile ha colpito la ragazza alla testa, l’altro alla mano, altri due spari sarebbero andati a vuoto. I vicini hanno sentito urla e litigi e si sono spaventati; già nel 2009 Oscar Pistorius era stato arrestato per una presunta aggressione a una ragazza di 19 anni, anche allora l’incidente era successo a casa sua. Un diverbio tra i due, poi lei si era ripresentata con un amico e c’erano state urla e insulti. Secondo Pistorius era finita con una porta sbattuta, secondo la ragazza con calci e spintoni. Una notte in cella poi le deposizioni. Incidente archiviato. Pistorius e Reeva si frequentavano da circa un anno.                


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