“AUTORITRATTI,RITRATTI ,
autoritratto |
Vernissage
giovedì 29
maggio, nella sede della
Casa editrice Pironti, Palazzo
Ruffo di Bagnara dell'attesissima mostra di Salvatore Maria
Sergio, simbolo del talento
di Napoli nel Mondo
Giovedì
l'attesa
mostra “Autoritratti, Ritratti, Paesaggi e Nature
Morte” di Salvatore Maria
Sergio! Alle ore 17,30, nella sede della Casa Editrice
Pironti, ubicata nello storico Palazzo Ruffo di Bagnara, piazza Dante, il
vernissage. L'esposizione, fortemente voluta e patrocinata da Tullio Pironti
(il Nestore degli
editori napoletani),
profondo ammiratore del pittore
napoletano è stata anche richiesta a gran voce dagli estimatori del tratto
inconfondibile di Sergio. Essa si presenta come tra le più
rilevanti nel panorama artistico nazionale, un “ritratto in
piedi” del grande pittore,
eccellente avvocato penalista, apprezzato scrittore, giornalista, già
consigliere nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, plurivincitore di ambiti
riconoscimenti, tra questi il Premio nazionale italiano Eloquenza, il Premio
francese Valadier, ecc., tra i massimi esponenti della cultura italiana. Sicuramente, in questa
coinvolgente e per alcuni versi graffiante personale, i visitatori troveranno l'ennesima conferma della già
pluriaffermata valenza dell'opera magnifica di Salvatore Maria Sergio.
In passato, Sergio si è misurato con l’astratto e l’informale, oggi L a sua
originale pittura
scavalca
la figurazione in quanto
aneddoto, occasione per affidare alla
“leggibilità” oggettiva la funzione di mostrare la controimmagine del mondo visibile nella dimensione della metafora iconica, rovesciando la
tradizionale prospettiva della pittura meramente descrittiva, realistica. Originale filo conduttore del suo sforzo di
esplorare gli spazi della metafora - e, forse,
dell’allegoria - è il suo progetto di superare i confini del realismo
descrittivo, che non è casuale né episodico, ma frutto di una sottile elaborazione mentale e culturale. Individuare la corrente
sotterranea della pittura di Salvatore Maria Sergio non è semplice: all'esterno
essa è caratterizzata da una penetrante ricerca sui problemi della forma quale
struttura 'interna' del dipinto. A tale scopo si rivela utile, anzi cruciale, la
riflessione sulle sue lontane ascendenze culturali così come sulle influenze
della pittura europea della prima metà del XX secolo. Il ricordo del suo
rapporto con l'arte dello spagnolo José Ortega offre una chiave di lettura
decisamente interessante. Erano
grandi amici, Salvatore Maria Sergio ed il famoso pittore spagnolo,
morto a Parigi nel 1990. Si erano conosciuti nel 1966 alla presentazione di una mostra di
Ortega a Parigi, a La Pochade". Da quel giorno, gli
incontri diventarono frequenti e fertili: lunghe e intense
conservazioni sull’arte, sui
progetti, sulla vita.. e
sulla politica: l'antifranchista Ortega, nel 1947 era stato condannato a dieci
anni di carcere; liberato a seguito di un’amnistia nel
1952, era andato esule in
Francia nel 1962. Tredici anni dopo tornò in Spagna). Per quanto le
opinioni politiche fissero offerenti, a Ortega faceva piacere conversare con Sergio, perché
sapeva quanto l'amico amasse appassionatamente la terra di Cervantes e di
Unamuno, di Zurbarán, del Greco, di Goya, di
Gaudí, delle corride, delle
“romerias” e sapeva anche che comprendeva profondamente la sua anima percossa
dalla tristezza, così come ogni esule. I Sassi
di Matera, quel brano di Lucania che è come un frammento della Spagna, furono il
suggestivo scenario del loro ultimo incontro. In quel magnifico
luogo Ortega aveva messo studio. A ricordo di quei colloqui,
Sergio custodisce gelosamente due
disegni che il pittore spagnolo gli aveva donati e ne parla ancora oggi con lo stesso
entusiasmo intatto: “Sono
appena due schizzi - afferma con enfasi
quando li mostra orgoglioso e rapito al tempo stesso - ma osservi la
potenza del segno, è quella d’un grande pittore”. Gli scambi di pensieri, di emozioni, di sensazioni con lo spagnolo hanno lasciato
una traccia non trascurabile nella pittura di Salvatore Maria Sergio. Interessandosi alla
sua opera, non
si può non notare e
sottolineare le ascendenze in
quella dei “fauves” -
Vlaminck, Marquet, Van
Dongen,
Manguin e altri della
cosiddetta Scuola di Parigi - nell’espressionismo tedesco ed anche in quello del nostro Lorenzo Viani. Emerge, da un'attenta riflessione sulla sua
produzione degli ultimi anni, pure il "debito" di Sergio anche nei confronti dello spagnolo; ne sono
conferma: la
figurazione scientemente asintattica, la
caratterizzazione psicologica dei ritratti e
degli autoritratti ottenuta con un disegno tagliente e un cromatismo quasi
violento, le forzature
compositive dei paesaggi e delle nature morte tese ad andare oltre quel che appare; e ne sono esempio i “Mayorales”, una teladalle
esplosive desinenze disegnative; le “Mujeres de Santander”, un’opera in cui il colore è piegato a infinite accensioni ed
è attraversata da una
rabbrividente inquietudine; le più
volte ripetute
versioni di
“Toledo”, a “Campos de
Castilla y toros”,
a “Cielo, hierba y
piedras” dal
“ductus” cromatico intenso. Ma Sergio non ha assorbito passivamente quei “lasciti”. Al contrario,
traendo abilmente giovamento dalla sua complessa costituzione culturale e intellettuale,
è riuscito, con maestria, a rielaborarli in modo del tutto autonomo
concettualmente, restando
fedele a se stesso sia nello stile che nei temi, tanto che le sue opere risultano sempre perfettamente riconoscibili. Ancora una volta,
come ormai di consueto, una mostra di Salvatore Maria Sergio si presenta come un
avvenimento decisamente imperdibile per chi ama l'Arte pittorica ed in
particolare il possente genio creativo di uno dei napoletani più geniali che
rappresentano significativamente la nostra città nel Mondo intero con merito
immenso.
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