martedì 27 maggio 2014

VERNISSAGE

“AUTORITRATTI,RITRATTI , 
PAESAGGI E NATURE MORTE"
"fine dicitore"
autoritratto
Vernissage giovedì 29 maggio, nella sede della Casa editrice Pironti, Palazzo Ruffo di Bagnara dell'attesissima mostra di Salvatore Maria Sergio, simbolo del talento di Napoli nel Mondo
Giovedì l'attesa mostra Autoritratti, Ritratti, Paesaggi e Nature Morte” di Salvatore Maria Sergio! Alle ore 17,30, nella sede della Casa Editrice Pironti, ubicata nello storico Palazzo Ruffo di Bagnara, piazza Dante, il vernissage. L'esposizione, fortemente voluta e patrocinata da Tullio Pironti (il Nestore degli editori napoletani), profondo ammiratore del pittore napoletano è stata anche richiesta a gran voce dagli estimatori del tratto inconfondibile di Sergio. Essa si presenta come tra le più rilevanti nel panorama artistico nazionale, uritratto in piedi del grande pittore, eccellente avvocato penalista, apprezzato scrittore, giornalista, già consigliere nazionale dell'Ordine dei Giornalisti, plurivincitore di ambiti riconoscimenti, tra questi il Premio nazionale italiano Eloquenza, il Premio francese Valadier, ecc., tra i massimi esponenti della cultura italiana. Sicuramente, in questa coinvolgente e per alcuni versi graffiante personale, i visitatori troveranno l'ennesima conferma della già pluriaffermata valenza dell'opera magnifica di Salvatore Maria Sergio. In passato, Sergio si è misurato con l’astratto e l’informale, oggi L sua originale pittura scavalca la figurazione in quanto aneddoto, occasione per affidare alla “leggibilità” oggettiva la funzione di mostrare la controimmagine del mondo visibile nella dimensione della metafora iconica, rovesciando la tradizionale prospettiva della pittura meramente descrittiva, realistica.  Originale filo conduttore del suo sforzo di esplorare gli spazi della metafora - e, forse, dell’allegoria - è isuo progetto di superare i confini del realismo descrittivo, che non è casuale né episodico, ma frutto di una sottile elaborazione mentale culturale. Individuare la corrente sotterranea della pittura di Salvatore Maria Sergio non è semplice: all'esterno essa è caratterizzata da una penetrante ricerca sui problemi della forma quale struttura 'interna' del dipinto. A tale scopo si rivela utile, anzi cruciale, la riflessione sulle sue lontane ascendenze culturali così come sulle influenze della pittura europea della prima metà del XX secolo. Il ricordo del suo rapporto con l'arte dello spagnolo José Ortega offre una chiave di lettura decisamente interessante. Erano grandi amici, Salvatore Maria Sergio ed il famoso pittore spagnolo,  morto a Parigi nel 1990. Si erano conosciuti  nel 1966 alla presentazione di una mostra di Ortega a Parigi, a La Pochade". Da quel giorno, gli incontri diventarono frequenti e fertili: lunghe e intense conservazioni sull’arte, sui progetti, sulla vita.. e sulla politica: l'antifranchista Ortega, nel 1947 era stato condannato a dieci anni di carcere; liberato a seguito di un’amnistia nel 1952, era andato esule in Francia nel 1962. Tredici anni dopo tornò in Spagna).  Per quanto le opinioni politiche fissero offerenti, a Ortega faceva piacere conversare con Sergio, perché sapeva quanto l'amico amasse appassionatamente la terra di Cervantes e di Unamuno, di Zurbarán, del Greco, di Goya, di Gaudídelle corride, delle “romerias” e sapeva anche che comprendeva profondamente la sua anima percossa dalla tristezza, così come ogni esule. I Sassi di Matera, quel brano di Lucania che è come un frammento della Spagna, furono il suggestivo scenario del loro ultimo incontro. In quel magnifico luogo Ortega aveva messo studio.   A ricordo di quei colloqui, Sergio custodisce gelosamente due disegni che il pittore spagnolo gli aveva donati e ne parla ancora oggi con lo stesso entusiasmo intatto: Sono appena due schizzi - afferma con enfasi quando li mostra orgoglioso e rapito al tempo stesso - ma osservi la potenza del segno, è quella d’un grande pittore”.  Gli scambi di pensieri, di emozioni, di sensazioni con lo spagnolo hanno lasciato una traccia non trascurabile nella pittura di Salvatore Maria Sergio. Interessandosi alla sua opera, non si può non notare e sottolineare le ascendenze in quella dei “fauves” - Vlaminck,  Marquet, Van Dongen, Manguin e altri della cosiddetta Scuola di Parigi - nell’espressionismo tedesco ed anche in quello del nostro Lorenzo Viani.  Emerge, da un'attenta riflessione sulla sua produzione degli ultimi anni, pure il "debito" di Sergio anche nei confronti dello spagnolo; ne sono conferma: la figurazione scientemente asintattica, la caratterizzazione psicologica dei ritratti e degli autoritratti ottenuta con un disegno tagliente e un cromatismo quasi violento, le forzature compositive dei paesaggi e delle nature morte tese ad andare oltre quel che appare; e ne sono esempio i Mayorales”, una teladalle esplosive  desinenze disegnative; le “Mujeres de Santander”un’opera in cui il colore è piegato a infinite accensioni ed è attraversata da una rabbrividente inquietudine; le più volte ripetute versioni di “Toledo”, a “Campos de Castilla y toros”, a “Cielo, hierba y piedras” dal “ductus” cromatico intenso. Ma Sergio non ha assorbito passivamente quei “lasciti”. Al contrario, traendo abilmente giovamento dalla sua complessa costituzione culturale e intellettuale,  è riuscito, con maestria, a rielaborarli in modo del tutto autonomo concettualmente, restando fedele a se stesso sia nello stile che nei temi, tanto che le sue opere risultano sempre perfettamente riconoscibili. Ancora una volta, come ormai di consueto, una mostra di Salvatore Maria Sergio si presenta come un avvenimento decisamente imperdibile per chi ama l'Arte pittorica ed in particolare il possente genio creativo di uno dei napoletani più geniali che rappresentano significativamente la nostra città nel Mondo intero con merito immenso.

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