IL
CAFFE’ NAPOLETANO, PERLA DELLA BELLA ITALIA
Sophia Loren in "Questi Fantasmi" |
Peppino De Filippo e Totò |
il Gambrinus |
Da
sempre il caffè è un rito che accompagna le nostre giornate: a
colazione, dopo pranzo e con gli amici o nelle riunioni di lavoro,
siamo tutti alle prese con una buona tazzina che rinfranca e dona
energia e buonumore. La città del caffè per eccellenza è
naturalmente la splendida Napoli, da secoli culla di cultura e
tradizioni antiche, e ne ho parlato con il maggior intenditore in
materia: Nando Cirella, Presidente di Associazione Espresso
Napoletano che ha sede allo storico Gran Caffè Gambrinus vicino a
Piazza del Plebiscito.
- Nando, come nasce Associazione Espresso Napoletano e quali sono i segreti che rendono il caffè napoletano unico al mondo?
“L’Associazione Espresso Napoletano nasce dopo il servizio andato in onda su Rai Tre durante il programma Report curato dal giornalista Bernardo Iovene, dove emersero delle lacune riguardanti il mondo del caffè . L’Associazione ha lo scopo di tutelare e valorizzare il caffè espresso napoletano, nonché di dare rilievo alla figura del barista. Di fondamentale importanza, ed altro scopo cardine è la formazione continua degli addetti ai lavori, anche attraverso corsi specifici tenuti da trainer ed assaggiatori professionisti, docenti e personale tecnico altamente specializzato. La formazione è rivolta sia ai titolari di bar ed altri esercizi dove viene somministrato caffè, sia al personale che intende formarsi professionalmente o migliorare la capacità teorico pratica diversamente acquisita. Non solo al fine di incentivare gli associati, ma anche per offrire loro un variegato e complementare pacchetto di servizi gratuiti, l’Associazione offrirà contestualmente all’iscrizione la possibilità di beneficiare della consulenza altamente qualificata dei professionisti vicini alle sue attività nei campi legale, fiscale, sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro, comunicazione, grafica ed allestimento punti vendita.”
- Come è possibile preparare il caffè seguendo l'antica tradizione partenopea?
- Nando, come nasce Associazione Espresso Napoletano e quali sono i segreti che rendono il caffè napoletano unico al mondo?
“L’Associazione Espresso Napoletano nasce dopo il servizio andato in onda su Rai Tre durante il programma Report curato dal giornalista Bernardo Iovene, dove emersero delle lacune riguardanti il mondo del caffè . L’Associazione ha lo scopo di tutelare e valorizzare il caffè espresso napoletano, nonché di dare rilievo alla figura del barista. Di fondamentale importanza, ed altro scopo cardine è la formazione continua degli addetti ai lavori, anche attraverso corsi specifici tenuti da trainer ed assaggiatori professionisti, docenti e personale tecnico altamente specializzato. La formazione è rivolta sia ai titolari di bar ed altri esercizi dove viene somministrato caffè, sia al personale che intende formarsi professionalmente o migliorare la capacità teorico pratica diversamente acquisita. Non solo al fine di incentivare gli associati, ma anche per offrire loro un variegato e complementare pacchetto di servizi gratuiti, l’Associazione offrirà contestualmente all’iscrizione la possibilità di beneficiare della consulenza altamente qualificata dei professionisti vicini alle sue attività nei campi legale, fiscale, sicurezza e prevenzione sui luoghi di lavoro, comunicazione, grafica ed allestimento punti vendita.”
- Come è possibile preparare il caffè seguendo l'antica tradizione partenopea?
“Il
caffè napoletano può essere preparato con tre tipi di macchine, la
macchina espresso, la moka e la più antica cuccuma”.
- In
quali film o commedie il caffè è protagonista indiscusso e cos'è
il caffè sospeso?
“Tantissime
sono le scene di film dove si degusta il caffè, partendo dal passato
celebre è la scena di Eduardo de Filippo che prepara il caffè con
la cuccuma e lo sorseggia sul balcone parlando al dirimpettaio
dell'importanza del rito della preparazione del caffè in “Questi
fantasmi”, molto spesso lo si trova anche nei film di Totò e
Peppino, Vittorio De Sica, Sofia Loren, Aldo Fabrizi, Massimo Troisi
e tantissimi altri. Al
Gran Caffè Gambrinus è nata, a partire dalla seconda metà
dell'Ottocento la pratica del caffè sospeso che consiste nel
lasciare un caffè pagato per le persone povere che non possono
acquistarlo e concedersi il piacere di un caffè. Tale tradizione si
è rinnovata in tempi di crisi proprio nel luogo in cui è nata.
All'ingresso del Bar ancora oggi è posizionata una caffettiera
gigante in cui si possono lasciare gli scontrini "sospesi"
(lasciati appunto dai clienti) in favore di chiunque ne avesse
bisogno. L'eco di questa pratica è giunta sino in America dove sono
nate iniziative simili a quella napoletana”.
- Come si ricava la
crema di caffè e quale differenza ha con quella al cioccolato?
“La
nostra Associazione sta mettendo a punto una crema di caffè fatta
realmente con i chicchi ed esclusivamente con la miscela Espresso
Napoletano e che può essere prodotta con o senza latte, la
differenza con quella al cioccolato è esclusivamente il sapore,
ovviamente noi tifiamo per quella al caffè”
- Miscela
ed acqua: dosaggi e tipologia di caffettiere da usare
“Per
la buona riuscita di un buon espresso napoletano, la prima cosa da
procurarsi è la miscela, prodotta dai torrefattori nostri associati
e marchiata con il nostro logo "Espresso Napoletano Original".
Per quanto riguarda i tipi di macchina da utilizzare moka e macchina
espresso da casa sono le migliori per un caffè casalingo, se poi si
vuole assaporare il top meglio recarsi al bar, ovviamente un bar che
abbia una miscela Espresso Napoletano”.
- Quali
sono i più famosi caffè storici di Napoli e come mai il caffè è
nato nella città del sole?
“Il
locale storico per eccellenza è il Gran
Caffè Gambrinus,
locale storico di Napoli ubicato
in via
Chiaia. Il suo nome deriva dal mitologico re
delle Fiandre Joannus
Primu , considerato patrono della birra.
Il Gran Caffè Gambrinus rientra fra i primi dieci Caffè d'Italia e
fa parte dell'Associazione Locali Storici d'Italia. L'Ottocento
era già in vista in fondo al rettilineo del secolo: era ormai il
1794, quando il grande gastronomo napoletano Vincenzo Corrado, autore
del ricettario "Il cuoco galante", si mise in testa di
imporre il caffè all'attenzione generale. Sembrandogli (a ragione)
assurdo che una cosa così buona fosse così poco nota al grande
pubblico. Con felice intuito da pubblicitario (e da uomo
marketing) il Corrado abbinò il caffè al cioccolato, nel
trattatello "La manovra della cioccolata e del caffè". Per
renderlo più appetitoso, vi inserì una "Cantata in onore della
cioccolata" dell'abate Pietro Metastasio, e -dulcis in fundo! -,
una "Canzonetta in difesa del caffè" opera di don Nicola
Valletta, al quale dedicò la sua "Manovra".
- Perché mai la dedicò al Valletta, invece che al Metastasio, poeta che ancor oggi tutti conosciamo?
"Perché a quei tempi questo Nicola Valletta, che oggi ai più non dice perfettamente niente, era una vera e propria icona della napoletanità. Un maitre-a-penser, il sommo specialista di una materia che a Napoli ha sempre avuto largo seguito: la jettatura. E'esattamente questo, il motivo per il quale il Corrado dedica al Valletta la sua operina, e gli commissiona un componimento pro-caffè; per sfatare la pericolosa diceria che stava prendendo piede a Napoli, secondo la quale il caffè portava jella. Come si era diffusa quest'infamante calunnia? Forse perché il caffè è nero, e perciò richiama il lutto; o perché è amaro, come i guai. O magari per una ragione più concreta: il suo gusto amarognolo ne faceva il nascondiglio ideale per fatture, filtri magici, e porcherie varie. La "Manovra" del Corrado era dunque una manovra salvacaffè: se il maggior esperto di jettatura dice che il caffè porta bene, gli si può (gli si deve!) credere. L'impresa, manco a dirlo, riuscì così bene da trasformare in pochi anni i caffè da untore del malocchio ad antidoto contro di esso: da porta disgrazia a portafortuna. Ne fa fede un episodio dell'epoca: un Marchese, dopo aver scoperto che un suo vicino di tavola di qualche giorno prima aveva fama di jettatore, si lamentò con gli amici di non essere stato avvertito in tempo: in tal caso - sosteneva - gli avrebbe gettato in faccia il proprio caffè, per spezzare il malefico raggio del suo sguardo. Ripulita così la propria immagine, il caffè si sparse per tutta la città. Ai primi dell'Ottocento fece la sua comparsa il Caffettiere ambulante, che percorreva la città in lungo e in largo munito di due recipienti, uno pieno di caffè e l'altro di latte, e di un cesto con tazze e zucchero. All'alba la sua voce rompeva il silenzio della notte appena trascorsa: "'O latte te l'aggio fatto roce roce. 'O caffettiere cammina Nicò». Traduzione: "Il latte te l'ho preparato ben zuccherato. Il caffettiere cammina, Nicola!" La frase era la stessa tutti i giorni dell'anno, salvo che per l'ultima parola: il nome proprio posto alla fine, che cambiava secondo il calendario liturgico. Il caffettiere (una grande idea!) forniva così un servizio in più ai suoi clienti (e anche ai passanti), per i quali questo "ricordo" era spesso importante per supplire a una dimenticanza, e per evitare una brutta figura con il parente (o l'amico): a Napoli a ricevere gli auguri il giorno del proprio onomastico la gente ci teneva, e ci tiene ancora. Oggi a Napoli il caffè non è più legato alla fortuna o alla sfortuna: è semplicemente il simbolo dall'amicizia, e dell'attenzione per se stessi e per il proprio benessere. Spezzare il ritmo convulso di certe nostre giornate andandoci a prendere un caffè (in compagnia, ma anche da soli) ci aiuta a non prenderci un esaurimento. Ma basta leggere. E' il momento di prendersi una pausa. Dicit'a verità: a furia di sentirne parlare, non vi è venuta voglia di un buon caffè?”
- Perché mai la dedicò al Valletta, invece che al Metastasio, poeta che ancor oggi tutti conosciamo?
"Perché a quei tempi questo Nicola Valletta, che oggi ai più non dice perfettamente niente, era una vera e propria icona della napoletanità. Un maitre-a-penser, il sommo specialista di una materia che a Napoli ha sempre avuto largo seguito: la jettatura. E'esattamente questo, il motivo per il quale il Corrado dedica al Valletta la sua operina, e gli commissiona un componimento pro-caffè; per sfatare la pericolosa diceria che stava prendendo piede a Napoli, secondo la quale il caffè portava jella. Come si era diffusa quest'infamante calunnia? Forse perché il caffè è nero, e perciò richiama il lutto; o perché è amaro, come i guai. O magari per una ragione più concreta: il suo gusto amarognolo ne faceva il nascondiglio ideale per fatture, filtri magici, e porcherie varie. La "Manovra" del Corrado era dunque una manovra salvacaffè: se il maggior esperto di jettatura dice che il caffè porta bene, gli si può (gli si deve!) credere. L'impresa, manco a dirlo, riuscì così bene da trasformare in pochi anni i caffè da untore del malocchio ad antidoto contro di esso: da porta disgrazia a portafortuna. Ne fa fede un episodio dell'epoca: un Marchese, dopo aver scoperto che un suo vicino di tavola di qualche giorno prima aveva fama di jettatore, si lamentò con gli amici di non essere stato avvertito in tempo: in tal caso - sosteneva - gli avrebbe gettato in faccia il proprio caffè, per spezzare il malefico raggio del suo sguardo. Ripulita così la propria immagine, il caffè si sparse per tutta la città. Ai primi dell'Ottocento fece la sua comparsa il Caffettiere ambulante, che percorreva la città in lungo e in largo munito di due recipienti, uno pieno di caffè e l'altro di latte, e di un cesto con tazze e zucchero. All'alba la sua voce rompeva il silenzio della notte appena trascorsa: "'O latte te l'aggio fatto roce roce. 'O caffettiere cammina Nicò». Traduzione: "Il latte te l'ho preparato ben zuccherato. Il caffettiere cammina, Nicola!" La frase era la stessa tutti i giorni dell'anno, salvo che per l'ultima parola: il nome proprio posto alla fine, che cambiava secondo il calendario liturgico. Il caffettiere (una grande idea!) forniva così un servizio in più ai suoi clienti (e anche ai passanti), per i quali questo "ricordo" era spesso importante per supplire a una dimenticanza, e per evitare una brutta figura con il parente (o l'amico): a Napoli a ricevere gli auguri il giorno del proprio onomastico la gente ci teneva, e ci tiene ancora. Oggi a Napoli il caffè non è più legato alla fortuna o alla sfortuna: è semplicemente il simbolo dall'amicizia, e dell'attenzione per se stessi e per il proprio benessere. Spezzare il ritmo convulso di certe nostre giornate andandoci a prendere un caffè (in compagnia, ma anche da soli) ci aiuta a non prenderci un esaurimento. Ma basta leggere. E' il momento di prendersi una pausa. Dicit'a verità: a furia di sentirne parlare, non vi è venuta voglia di un buon caffè?”
Eccoci
quindi tutti invitati per
sorseggiare la deliziosa bevanda che regala allegria e spensieratezza
fra un impegno e l’altro della giornata, sullo sfondo del
meraviglioso sole napoletano che illumina i sogni e la storia della
nostra bella Italia.
Francesca Rossetti
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